“Azzedine Alaïa, the Couturier”, al museo del Design di Londra (aperta fino al 7 ottobre), è una mostra particolare. Come particolare era il creativo franco-tunisino a cui è dedicata. L’esposizione che conta circa 60 creazioni è stata co-curata dallo stesso Alaia prima della sua morte novembre scorso, insieme a Mark Wilson.

 

La locandina della mostra dedicata ad Alaia a Londra

Il Design Museum che ospita l’esibizione fino al 7 ottobre 2018

E’ una mostra apprezzata anche da stilisti inglesi come Paul Smith che ho incontrato mentre ammirava i drappeggi, la sinuosità, l’aura scultorea di un abito nero. E nero infatti é il colore preferito dello stilista franco tunisino.

 

 

 

“La mia ossessione”, diceva “è rendere belle le donne. Quando crei pensando a questo, non si può mai essere fuori moda”.

Azzedine Alaia nasce a Tunisi nel 1940 e frequenta la scuola di Belle Arti dove studia scultura. Nel ’57 si trasferisce a Parigi, lavora per Christian Dior per pochi giorni. Mentre è da Dior, la Francia entra in guerra contro gli indipendentisti algerini, ma lui fa in tempo a conoscere Marlene Dietrich e a capire che vuole vestire le donne.

 

 

A Parigi inizia a lavorare come baby sitter e, mentre i bimbi dormono, lui taglia e cuce abiti che le nobildonne come la marchesa Mazan e la contessa Blégier indossano a cena e a teatro. E’ l ’adorata sorella gemella Hafida, che lavora come sarta, gli ha insegnato a tenere in mano ago e filo. Azzedine, poi va da Guy Laroche e Thierry Mughler, prima di decidere di aprire un proprio atelier negli anni Settanta. Da Guy Laroche ammette Alaia: “ Ho imparato tutto quello che c’è da sapere in fatto di tecinica. Ma ho sempre detestato disegnare”.

Da subito impone la sua idea di femminilità scultorea cucendo gli abiti addosso alle clienti. Il primo atelier lo apre a Rive Gauche, lui riceve su appuntamento. Le signore di Parigi si mettono in coda non solo la Dietrich, la Garbo, Marie Helene Rothshild e Arletty, una delle sue amiche più fedeli.

 

 

Una srie di abiti neri. Splendido quello in primo piano con un gioco di cerniere

 

Alaia parte dal corpo delle donne. “per conoscerlo bisogna amarle le donne, interessarsi a loro fino a dimenticarsi di se stessi, per questo io mi vesto sempre di nero e allo stesso modo”. Mentre gli altri couturier creano il loro marchio, Alaia va avanti per la sua strada. Capi creati su misura e fatti a mano. Nel 1980 nasce la sua prima linea di pret-a-porter. E’ Jean Paul Goude, che mette in scena gli eventi più importanti della Maison, che gli presenta Grace Jones ( che indossa i suoi abiti nel film “Agente007-bersaglio mobile” e che lo accompagna all’Opera nell’84 a ritirare i due Oscar della moda. “Miglior stilista dell’anno” e “Miglior collezione dell’anno. Dal 1988 le creazioni di Alaia iniziano a essere richieste da celebrità come Tina Turner, Madonna, Naomi Campbell, Rachel Welch,  Stephanie Seymour, Linda Evangelista, Carine Roitfeld e Franca Sozzani.

 

 

Era amato dai personaggi dello spettacolo, dalle top model forse per quel lato del suo carattere riservato. Fu lui a scoprire e lanciare nel 1986 una giovanissima Naomi Campbell ( aveva solo 15 anni).

Azzedine, spirito libero, fieramente fuori sistema, sfila solo quando è pronto. Rifiuta i calendari ufficiali. Non si fa coinvolgere dai trend, senza guardare cosa fanno i suoi colleghi.  Sostiene che “è impossibile essere creativi e disegnare dieci o dodici collezioni all’anno. Lo stilista è un direttore creativo, una redattrice di moda che lavora per immagini e non per contenuti e non c’è più nessuno studio sugli abiti. Forse se si vuole di nuovo parlare di creatività e innovazione bisogna tornare indietro”.

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