All’alba il bagno sacro e le preghiere

Per gli hindu il Kumbh Mela, la Festa della Coppa, è l’evento religioso più importante del subcontinente, tanto venerato da radunare un numero incredibile di persone, oltre 50 milioni. Sei anni fa, c’ero anch’io ad Allahabad, nello stato indiano dell’Uttar Pradesh, per celebrare il Maha Kumbh Mela, il Grande Kumbh Mela, il più importante di tutti, quello che si svolge ogni dodici anni, corrispondenti ai 12 giorni di lotta tra dei e demoni, secondo la leggenda hindu. Tra un paio di mesi, a distanza di sei anni, dal 5 gennaio al 4 marzo 2019, l’evento si ripete, sempre ad Allahabad. Questa volta si chiama Ardh Kumbh Mela, cioè festa di medio termine della coppa.

Immensa distesa di campi tendati

 

Il culmine dell’evento è il Bagno Collettivo nel Gange, il fiume sacro, la madre Ganga, dove ci si immerge per purificarsi dai peccati e si prega per liberarsi dalla condanna delle inesauribili reincarnazioni. Per una non hinduista, per quanto esperta di India, come sono io, è stata un’occasione straordinaria per immergermi in una realtà indimenticabile. Un’esperienza unica, vissuta osservando la potenza di coesione di una fede pacifica e la comunione tra i fedeli e la natura, impersonata dal Gange, fonte di vita e di salvezza.

Allahabad-Pellegrini in cammino

La folla sui pontoni galleggianti

 

Come nasce il Kumbh Mela?

L’origine della festa risale a tempi remoti, quando dei e demoni lottano tra loro per il possesso dell’Amrita, la coppa contenente il nettare dell’immortalità. Il grande Vishnu riesce a impadronirsene, ma nella fuga quattro gocce del prezioso nettare cadono nel Gange, in quattro diverse città. Una di queste cade ad Allahabad, dove il grande fiume accoglie le acque del secondo fiume sacro, lo Yamuna, nel punto chiamato Sangam, il più sacro di tutti, quello dove immergersi per pregare gli dei.

Baba si avviano al Sangam per il bagno

Baba e seguaci in processione

Qualche flash della mia esperienza.

La prima immagine, è la folla compatta e silenziosa, in arrivo ad Allahabad da villaggi lontanissimi. Portano sulla testa sacchi di iuta traboccanti di cibo, di suppellettili, di riso e farina, di legna per accendere il fuoco. Per non perdersi, ogni villaggio cammina tenendo in mano una lunga corda comune. Non la mollano mai, neppure sui ponti galleggianti sorretti da giganteschi salsicciotti in ferro. A mezzogiorno, alt generale agli spostamenti.

Migliaia di persone in attesa del pranzo

Va in scena il più grande catering del mondo. C’è da mangiare per tutti. Migliaia di persone si siedono pazientemente per terra, in fila ordinata, davanti a una grande foglia di banana. In silenzio, aspettano il riso. Lo sponsor? Forse un potente baba (santone), mi dicono. Non riesco a staccarmi da questa scena. Osservo i visi, il sorriso dei bambini, i sarees delle donne…

In processione verso il Gange

Donne stendono i saries dopo il bagno

Dove alloggiare?

L’ideale per sentirsi parte del Kumbh Mela è alloggiare in uno dei tanti campi tendati, piantati per l’evento. Il nostro è meravigliosamente piazzato in cima a una collina. Ricordo il brusio penetrante, senza tregua, delle voci attutite di milioni di pellegrini, giunti qui da tutto il mondo. Dall’alto mi godo lo spettacolo dell’immensa città tendata, illuminata da migliaia di lampioni accesi. La collinetta è piena di vita. Sulla piazza, si affacciano piccoli templi, dedicati a Krishna e a Shiva. Famiglie al completo arrivano per la puja, la cerimonia serale di preghiera con il bramino vestito di arancione. A pochi passi, alcune donne impastano il pane, altre cucinano sul fuoco di legna, altre ancora lavano piatti e bambini alla fontanella vicina. Tutti ci guardano con benevolenza e curiosità, azzardando un welcome for visiting India.

 

Nel cuore del Kumbh Mela

Il tragitto, per raggiungere il Sangam alle prime luci dell’alba, è lungo. Alle due del mattino, con zaini e macchine fotografiche, ci incamminiamo con la nostra guida, attenti a non perderla d’occhio. I pellegrini avanzano compatti nella notte senza luna. Lungo il percorso, ci aggreghiamo alle processioni, seguendo il carro addobbato a festa di qualche famoso guru, osannato dalla folla. A poco a poco mi rilasso, dimenticando la paura della folla. Mi sento parte di un mondo surreale…

Asceta di origine americana nella sua tenda

Pellegrine fanno acquisti di souvenirs

Sadhus intorno al fuoco

Pellegrini alscoltano il baba

Il Grande Bagno

All’alba, la lunga processione arriva al Sangam, l’incrocio tra i fiumi sacri, il luogo ideale per l’immersione. Quasi all’improvviso, sbucano dal buio gruppi di uomini dai corpi nudi, ricoperti di cenere. Sono gli asceti, i Naga e i Juna, i primi a balzare in acqua, le mani in aria, invocando il sole. Cantando e saltando, alcuni con il tridente in mano, simbolo di Shiva, altri con una spada ricurva, corrono verso il Sangam, per immergersi nelle torbide acque sacre del fiume. Dopo di loro, tocca ai Baba, i santoni dalle barbe bianche. Protetti da un grande ombrello luccicante, scendono dai carri colorati, accompagnati da un corteo di fedeli inneggianti con bandiere e stemmi.

Alle prime luci del giorno, prende forma una folla silenziosa, a perdita d’occhio. Sono i fedeli, uomini, donne e bambini, pronti a immergersi nell’acqua della salvezza.

 

In giro per la tendopoli

Un’esperienza fondamentale. Basta camminare, osservare ed entrare nelle tende, secondo l’ispirazione. Può capitare di assistere a uno spettacolo di danza, a un concerto di musica indiana, ma anche rock, a una discussione religiosa, a una puja, a una cavalcata selvaggia. L’atmosfera è serena, allegra: le donne stendono i sarees al sole dopo il bagno, curiosano nelle bancarelle di souvenir, trattano gli acquisti.

Il clou è il giro nelle zone riservate ai sadhus. Tra questi, i Juna Akhara, il circolo più antico, una specie di ordine monastico di sadhus, yoghi e asceti. Alcuni di loro meditano nudi, vestiti solo di cenere, a indicare la rinuncia totale ai beni materiali, altri fumano una specie di sigaro rituale riempito di hashish. Altri ancora montano a cavallo senza sella o stanno immobili per ore e ore. La rinuncia totale non esclude però gli occhiali da sole, di cui vanno matti, e neppure l’iPhone o il computer per comunicare col mondo intero. Il ragionamento occidentale qui non funziona..bisogna lasciarsi andare….Come fanno milioni di pellegrini, che hanno finalmente l’opportunità di avvicinare i grandi maestri e gli anacoreti abitualmente nascosti nei loro eremi sperduti nelle montagne.

Santoni nella loro tenda

 

  • Foto copertina: Nel recinto dei Juna Akhara
3 Responses to India, il Kumbh Mela 2019. Una preview con i miei ricordi.
  1. Silvanina, sempre efficace nelle tue descrizioni. Sempre curiosa di scoprire ogni angolo dell’India che conosci così bene. Sempre intelligente nel farci scoprire qualcosa di nuovo di un paese che viene raccontato in ogni modo ma quasi sempre in maniera ripetitiva.
    Brava

  2. Il tuo spirito vivace la tua gioia di vivere sono sempre vincenti e fanno di te la donna di fascino che sei per tutti i tuoi amici Quello che hai scritto è assolutamente indimenticabile vivo emozionante grazie Gabriella


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