Empatia: non saprei come altro definire il mio colpo di fulmine per lo scultore napoletano Vincenzo Gemito (1852/1929).
Oggi, “o scultore pazzo”, avrebbe dovuto essere protagonista di una grande mostra al Museo e Real Bosco di Capodimonte a Napoli. Il Covid 19 ne ha bloccato l’apertura il 19 marzo, posticipata però al 10 settembre. A farmi innamorare di Gemito, di cui fino a oggi poco sapevo, confesso, ma non sono una storica dell’arte, aggiungo, è il video su youtube “Gemito. Dalla scultura al disegno”. A colpirmi fin dalla prima opera in mostra, è l’eccezionale capacità dello scultore nel captare l’anima dei suoi personaggi e la vitalità, con cui ritrae “quello che esiste”, come amava dire. E quello che esiste è la vita degli scugnizzi come lui, quelli che corrono nei vicoli della vecchia Napoli, quelli che tengono stretto al petto i pesciolini guizzanti appena pescati, giocano a carte seduti per terra, vendono l’acqua per strada.

La testina in terracotta dello scugnizzo, la bocca leggermente aperta, a suggerire lo stupore per essere stato scoperto in flagrante, o la sprizzante allegria dell’acquaiolo, opere realizzate a soli 16 anni, nascono dall’essere figlio del rione Sanità, il più popolare di Napoli, ma, nello stesso tempo, al centro del più importante museo di arte antica del mondo. In via San Gregorio Armeno, il ragazzino scultore osserva gli artigiani mentre modellano l’argilla per creare le statuine del presepio e, appena può, s’infila nel Museo Archeologico Nazionale ad ammirare i bronzi degli scavi di Pompei.

 

La vita di Gemito ha il fascino della leggenda. Bambino esposto, depositato nella ruota dell’Annunziata e adottato da una famiglia povera, scugnizzo nel rione Sanità, a soli nove anni entra nella bottega di uno scultore del quartiere, conosciuto mentre era fattorino di un sarto. Da subito gli vengono riconosciute eccezionali capacità scultoree, ma al Regio Istituto delle Belle Arti preferisce l’atmosfera vibrante dei vicoli del centro storico di Napoli da cui trae ispirazione per le sue prime opere. Il Giocatore, scolpito a 17 anni, viene subito acquistato dalla Casa Reale per la Reggia di Capodimonte, a 23 anni gli viene commissionato il busto di Verdi. Vincenzo di musica non se ne intende. Assiste all’Aida, si esalta con la marcia trionfale, ma il Maestro lo intimidisce, non riesce a entrare in empatia con un personaggio di tale potenza. S’innervosice, finché coglie Verdi al piano, concentrato, la testa curva sulla tastiera. Scocca la scintilla dell’empatia, Gemito si mette all’opera, con l’impeto del visionario. Il busto di Verdi lo renderà famoso, tanto da essere invitato ad esporre al Salon a Parigi nel 1877.

A Parigi ieri e oggi
Nella ville lumière il ventisettenne ragazzo del rione Sanità ci va con l’amico di sempre, il pittore Antonio Mancini, detto Totonno, e la prima moglie, Mathilde Duffaud, sua musa e grande amore. Qui conosce il quotatissimo Giovanni Boldini (sottolineare per internet), riscuote un grande successo di pubblico e di critica, anche se qualche snob francese storce il naso di fronte al verace ritratto del Pescatoriello, lontano dalla mentalità parigina di quei tempi. Nel 1880 ritorna a Napoli, gli muore l’adorata Mathilde, si risposa con la modella Anna Cutolo, detta Nannina, ma, nel 1887, di fronte alla prestigiosa commissione per Capodimonte, da parte del re Umberto I, della statua dell’imperatore Carlo V, con cui non riesce a empatizzare, la mente vacilla e l’artista si chiude nella casa al Vomero per 17 anni, mentre i bronzi e i suoi straordinari disegni fanno il giro del mondo, vincendo premi.

 

 

Anche oggi Vincenzo Gemito ritorna da Parigi a Napoli accompagnato da un enorme successo. Questa volta si tratta della mostra “Gemito. Le sculpteur de l’ame napolitaine”, che ha tenuto la scena al Petit Palais dal 15 ottobre 2019 al 26 gennaio 2020, osannata anche da chi non aveva mai sentito parlare di lui.

La mostra Gemito nasce da un progetto di Sylvain Bellenger, direttore del Museo di Capodimonte e Christophe Leribault, direttore del Petit Palais di Parigi. La mostra di Napoli (10 settembre-15 novembre 2020), a cura di Jean-Loup Champion, Maria Tamajo e Carmine Romano, oltre a presentare le opere esposte a Parigi, ci immerge nell’atmosfera napoletana, concentrandosi sui due amori della vita di Vincenzo:le sue muse, Mathile Tiffaud e Anna Cutolo.

Da Capodimonte al rione Sanità. Sessanta mq a Parigi in cambio di 400 alla Sanità!

Una ventina di minuti a piedi lungo via Cristallina ed eccoci nel cuore del rione Sanità, dove Vincenzo Gemito era di casa.
Come è ora il popolare rione? “Branché”, cioè di moda, dice Claudine le Tourneur d’Ison, scrittrice e giornalista francese, che qualche anno fa ha comprato casa nel Settecentesco palazzo San Felice (www.palazzosanfelice-sanita.com), all’inizio della popolare via della Sanità.

Palazzo San Felice

 

Tutto è successo all’improvviso, quando un’amica parigina, napoletana da venticinque anni, le parla con entusiasmo di un appartamento in uno dei più bei palazzi della città, ristrutturato con grande passione dal proprietario, un artista, che si era trasferito all’estero. Quattrocento mq, precisa l’amica. Il prezzo, chiede Claudine? Lo stesso richiesto per 60mq a Parigi. Quasi d’istinto, Claudine decide di vendere i suoi 60mq a Parigi per comprarne 400 a Napoli. “Forse”, aggiunge,” c’entra il sangue italiano, ereditato da mia madre veronese”.
Il Palazzo, uno dei pochi rimasti integri nella vecchia Napoli, progettato per la sua famiglia dall’architetto Ferdinando San Felice nel Settecento e abbandonato all’inizio del Novecento, quando i nobili napoletani decidono di trasferirsi lungo la baia, pied dans l’eau, viene diviso in piccoli appartamenti, ad eccezione di uno, che fungeva da scuola, miracolosamente tornato ora all’antico splendore.

Rione Sanità

“Adoro questo quartiere”, racconta Claudine,”è vivo e caloroso, segue i suoi ritmi e le vecchie tradizioni”.”Quando arrivo qui ”, aggiunge,”mi sento in una grande famiglia, dove sono sempre la benvenuta”. E per quanto riguarda la sicurezza? Argomento scottante per Napoli, a parer mio…”Mi sento sicurissima in questo quartiere”, precisa Claudine,”contrariamente a quanto qualcuno racconta su Napoli”. “Anzi”, aggiunge,”raramente durante i miei molteplici viaggi nel mondo, mi è capitato d’incontrare persone così tolleranti, generose e aperte agli altri, come i napoletani”. Quando è qui, Claudine ama girare nei vicoli della Sanità, fermarsi nei tanti negozietti artigianali, fare un giro al mercato delle Vergini, sedersi a pranzo e a cena in una delle ottime pizzerie e ristorantini nei dintorni di palazzo San Felice. Se si desidera dedicarsi alla cultura, alla Sanità, integrata al borgo delle Vergini, ci sono musei prestigiosi, c’è la favolosa necropoli di Neopoli, c’è il complesso di Sant’Andrea delle Dame, dove aveva l’atelier Gemito, c’è la chiesa della Sanità con le catacombe, e ben altro.

Claudine a Palazzo San Felice

“La Sanità ”, conclude Claudine,” è in piena esplosione. Mi ricorda un po’ il Marais dei vecchi tempi, ora uno dei più trendy di Parigi”.
Oggi, c’è un problema per Claudine, abituata a venire a Napoli molto spesso. Teme le restrizioni francesi a causa del coronavirus e penserebbe di affittare il suo gioiello con tre camere matrimoniali e una a due letti singoli.

Per info: wattsapp +33 687282511, claudine.dison@gmail.com.

5 Responses to Da Capodimonte al rione Sanità. L’amore al tempo del coronavirus porta a Napoli
  1. BRAVA SILVANA!!! QUANTE COSE CI SONO BELLISSIME CHE NON CONOSCIAMO (ALMENO IO)

  2. Interessante articolo e ben costruito. La presentazione di una mostra dello scultore napoletano Gomito offre lo spunto per Tratteggiare il quartiere Sanità dove l’artista è nato e la vivacità e il calore dei suoi abitanti. Viene voglia di andarci!

  3. Considero Gemito un artista incredibile per la sua bravura e la sua umanità. Bellissimo articolo!


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